Oggi la biblioteca chiuso

Complesso della Sapienza

Il complesso della Sapienza, che oggi ospita la Biblioteca comunale degli Intronati, è un isolato di circa 8.000 mq, nei pressi della basilica cateriniana di San Domenico, delimitato da via della Sapienza, via delle Terme, via dei Pittori e dalla costa di Sant’Antonio. Questa porzione di città ha visto intrecciarsi e sovrapporsi le vicende di alcune delle più importanti istituzioni culturali e civili della città, rendendo questo luogo uno straordinario palinsesto storico che conserva le tracce di circa otto secoli della vita e della storia della cultura senesi. 

Il complesso ospitò nel XIII secolo, per iniziativa del beato Andrea Gallerani, la Domus Misericordiae, luogo di accoglienza per orfani, poveri, infermi e pellegrini, testimoniando, così, una vocazione all’assistenza molto radicata a Siena, basti pensare al non lontano Santa Maria della Scala, e ad altri ospizi, di varie dimensioni e importanza, disseminati nella città.
Nel corso del XIII e XIV secolo la Domus crebbe anche grazie al costante aiuto sia del Comune sia dell’autorità ecclesiastica, inglobando edifici adiacenti grazie ad acquisti e donazioni, costruendo una chiesa nel 1280 e dotandosi, nel 1347, di una fonte alimentata dal bottino maestro di Fonte Gaia oggi non più conservata. 

Negli anni successivi alla peste del 1348 inizia il declino dell’istituto. Tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo si assiste a un processo che porterà alla definitiva variazione d’uso del complesso, grazie all’interesse di papa Gregorio XII che nel 1408, con l’emissione di ben otto bolle papali, tracciò il percorso che portò alla definitiva trasformazione della Domus Misericordiae, con le relative superstiti rendite, in Domus Sapientiae, la Casa della Sapienza, futuro cardine dello Studio senese. L’organizzazione del nuovo istituto era ispirata a quella del Collegio degli Spagnoli fondato dal cardinale Egidio Albornoz a Bologna.
Tra il 1416 e il 1418 il nuovo collegio accolse i primi studenti paganti, benestanti non senesi che potevano permettersi una retta da 50 fiorini d’oro. Nel 1481 i Savi dello Studio chiedono una nuova Casa per poter ampliare il numero delle stanze destinate agli studenti; nel 1492 il cardinale Francesco Todeschini Piccolomini, nipote di Enea Silvio Piccolomini papa Pio II e futuro papa Pio III, avanza una richiesta per la costruzione di una nuova Sapienza. Considerato il grande prestigio del cardinale, non sorprende se collegati allo sviluppo progettuale di tali lavori, emergono nomi illustri dell’architettura del tardo Quattrocento, come quelli del fiorentino Giuliano da Sangallo e del senese Francesco di Giorgio. Sebbene restino ancora aperte le questioni riguardanti l’esatta datazione dei progetti e la definizione della natura degli elaborati dei due architetti – ristrutturazione dell’esistente oppure progetti per un complesso da realizzare ex novo –, il loro coinvolgimento rappresenta una significativa testmonianza dell’intenzione della comunità cittadina di accrescere il prestigio dello Studio senese, anche nel momento di forte crisi politica che Siena stava sperimentando in quegli anni. Ciò che è indubbio è che nella celebre Pianta di Siena di Francesco Vanni (1595), la testimonianza iconografica più antica dell’area, il complesso della Sapienza appare ancora un insieme non omogeneo di edifici.

Nel 1694, a pochi anni dalla sua costituzione, avvenuta per volontà del medico Pirro Maria Gabbrielli, si insediò nel complesso l’Accademia dei Fisiocritici, una delle più antiche istituzioni scientifiche d’Italia ancora attive. Nelle sale destinate alle adunanze e agli esperimenti dell’Accademia trovarono spazio anche una macchina boiliana, una sorta di pompa per creare il vuoto necessaria per fare esperimenti sui rapporti tra pressione e volume in un gas, e una linea meridionale, cioè un eliometro (realizzato nel 1704), il quarto in Europa e il primo in un ambiente non religioso. Nel 1728 il complesso accolse anche l’Accademia degli Intronati – fondata nel 1525 – a cui fu concessa la Scuola grande, ossia l’attuale Sala storica della Biblioteca che, proprio a spese degli accademici, fu dotata di un grande portone d’ingresso affacciato su via della Sapienza.
Nel 1798 un violento terremoto danneggiò l’intero edificio della Sapienza compresa la Scuola grande, imponendo il trasferimento della sede e una lunga sospensione dell’attività dell’Accademia.
Ma è al 1758 che risale un episodio cruciale per la vita della Biblioteca e che segna il destino dell’intero complesso. In quell’anno l’arcidiacono Sallustio Bandini donò la propria biblioteca all’Università, per fornirla finalmente di un’adeguata struttura libraria fino ad allora inesistente, nonostante vari tentativi intrapresi per costituirla. Il lascito dei circa 3.000 volumi che componevano la collezione si concretizzò quando il Bandini era ancora in vita e fu messo in atto secondo precise modalità, concordate tra il donatore e il rettore e i deputati dell’Università; l’arcidiacono, infatti, aveva posto alcune precise condizioni, tra le quali un uso ‘pubblico’ della biblioteca – ossia che fosse aperta a chiunque ne facesse richiesta – e che fosse affidata alle cure dell’abate Giuseppe Ciaccheri, segretario personale del Bandini che, di fatto, ne diventò il primo bibliotecario. L’infaticabile Ciaccheri arrivò a raccogliere in circa 15 anni oltre 13.000 volumi, dando avvio a un processo di “erosione” degli spazi occupati dalle accademie a favore dell’espansione della Biblioteca. Gli anni seguenti al terremoto del 1798, che videro chiudere la Biblioteca fino al 1802, furono segnati anche dall’occupazione francese, durante la quale, nel 1808, fu soppressa l’Università (riaprirà solo nel 1814), causando una nuova chiusura della Biblioteca fino al 1810, anno in cui riaprì nella nuova veste di istituzione municipale, affrancandosi definitivamente dallo Studio senese. Scomparso il Ciaccheri nel 1804, il nuovo bibliotecario e responsabile della “Pubblica Biblioteca di Siena” fu, proprio a partire dal 1810, l’abate Luigi De Angelis. La direzione di De Angelis si caratterizzò per un’attenta opera di tutela del patrimonio librario e artistico che la soppressione napoleonica degli ordini religiosi aveva messo a repentaglio: la sede della Biblioteca divenne, infatti, il luogo di raccolta non solo del ricco patrimonio librario dei conventi di Siena e della sua provincia, ma anche delle opere d’arte in essi conservate. La Biblioteca vide crescere il numero dei propri volumi in maniera ragguardevole, da 10.000 a oltre 45.000, così come quello delle opere d’arte, che andarono a costituire, insieme a quelle già raccolte precedentemente da Giuseppe Ciaccheri, il primo nucleo della Galleria dell’Accademia, l’embrione della futura Pinacoteca nazionale di Siena. Il De Angelis si prodigò per fornire di rinnovati strumenti catalografici la Biblioteca, affidando a Lorenzo Ilari la stesura di indici aggiornati del patrimonio librario della stessa. La pubblicazione dell’opera, ancora oggi un essenziale strumento di ricerca bibliografica, vide la luce tra il 1844 e 1848. Nel 1814 l’Università si trasferì nell’ex collegio gesuitico di San Vigilio e nel 1816 anche l’Accademia quella dei Fisiocritici lasciò il complesso della Sapienza per insediarsi nell’ex convento di Santa Mustiola. A seguito di questi trasferimenti si cominciò a considerare la possibilità, anche per la presenza della neonata Galleria, di ospitare all’interno del complesso l’Accademia senese di Belle Arti: il 27 settembre 1816 l’istituto fu inaugurato, andando a occupare con le proprie aule i piani superiori dell’edificio, un tempo destinati al collegio universitario.

Nel 1932 il podestà di Siena Fabio Bargagli Petrucci attribuì alla Biblioteca comunale il nome di “Intronati” ricordando il passaggio, seppur breve, dell’importante istituzione culturale cittadina all’interno del complesso.

In tempi più recenti, dal 1956 al 1988, il complesso ha accolto anche il Museo archeologico e ha visto trasferire l’Istituto d’Arte nel 2004 nell’ex convento di San Domenico.

La Biblioteca comunale degli Intronati ora occupa integralmente il complesso della Sapienza; dal 1996 è un’istituzione del Comune di Siena a cui, dal 2019, si è aggiunto, per la gestione, anche l’Archivio storico del Comune. A partire dal 1999 un intenso lavoro di restauro, razionalizzazione e riorganizzazione degli spazi ha permesso di dotare la sede di imponenti magazzini librari, sale di consultazione, una Biblioteca di storia dell’arte e un Gabinetto Disegni e Stampe; a questi si sono aggiunti il Laboratorio di fotoriproduzione con strumentazione avanzata, spazi per gli uffici e una “nuova” Biblioteca pubblica, con la Biblioteca dei bambini e dei ragazzi. A oggi, il patrimonio della Biblioteca nel suo insieme, antico e corrente, consta di oltre 600.000 documenti.
Dal 2011, la Biblioteca, prima in Italia tra le biblioteche di ente locale, aderisce al progetto internazionale World Digital Library, promosso dalla Library of Congress di Washington e dall’Unesco. La Biblioteca opera dal 1998 con scanner planetari di ultima generazione, attività che ha consentito, nel 2022, la pubblicazione della Biblioteca digitale, che include una selezione costantemente aggiornata di manoscritti, testi antichi a stampa, periodici, disegni e stampe facenti parte del patrimonio raro e di pregio della Biblioteca. Le immagini disponibili sulla piattaforma seguiranno il protocollo internazionale IIIF.
A luglio 2021 sono stati presentati al pubblico i lavori di ricostruzione e restauro dello Studiolo del Taja di Agostino Fantastici, una libreria, realizzata tra il 1824 e il 1825, che l’architetto senese Agostino Fantastici disegnò per il palazzo del nobile senese Giulio del Taja, ubicato nella centrale via Montanini. La libreria, dal 2006, è di proprietà della Fondazione Monte dei Paschi di Siena che l’ha concessa in comodato d’uso alla Biblioteca, già custode di diverse opere di Agostino Fantastici, tra cui disegni, manoscritti e libri d’arte donati proprio dall’architetto senese alla Biblioteca.