La sede: Palazzo della Sapienza a Siena

Biblioteca di Siena: la sede - Palazzo Della Sapienza

Nell’insula delimitata dalle vie della Sapienza, dei Pittori, delle Terme e dalla costa di Sant’Antonio si articola un complesso edilizio che più di ogni altro nella città di Siena, ha subito un’incessante modificazione d’uso. Nel XIII secolo, per volere del beato Andrea Gallerani, alcuni edifici furono destinati da civile abitazione a ospizio per poveri, orfani, infermi e pellegrini, la cosiddetta Domus Misericordiae. Nel 1280 l’istituto intraprese la costruzione di una chiesa, nel 1347 provvide a dotarsi di una fonte alimentata dal bottino maestro di Fonte Gaia e nel 1351 entrò in possesso dell’intero isolato tanto da inglobare il vicolo, oggi interno, tra via della Sapienza e via dei Pittori.

La fortuna della Domus non ebbe lunga durata. La peste del 1348 decimò i lavoratori delle sue fattorie compromettendone il reddito. La discesa economica fu così rapida che nel 1364 il Comune dovette risolversi alla vendita di parte del patrimonio per soddisfare i creditori. Le cessioni continuarono ma non servirono a evitare il collasso. Alla fine del secolo le autorità civili ed ecclesiastiche decretarono una variazione d’uso dell’immobile. Il complesso, in quanto luogo d’accoglienza, si prestava a essere convertito in collegio universitario, struttura indispensabile per il mantenimento dello Studio cittadino. La proposta fu avanzata dal vescovo Francesco Mormile nel 1392 ma gli anni che seguirono furono politicamente difficili così che ancora nel 1404 il progetto non era stato realizzato. La visita in città di Gregorio XII nel 1406, con il proposito di assicurarsi alleanze per comporre i dissidi con l’antipapa, offrì però l’occasione per ottenere importanti concessioni. Nel 1408 il papa emise ben otto bolle che portarono alla conversione della Casa della Misericordia, con le spettanti rendite, in Casa della Sapienza. L’organizzazione della nuova struttura si ispirava a quella del Collegio degli Spagnoli fondato dal cardinale Egidio Albornoz a Bologna. Nel 1412 vennero eletti sei Savi dello Studio, inviati fuori dello Stato a reperire dottori e maestri. Ai primi sei ne successero altri nell’ottobre 1414 che, finalmente, nel febbraio dell’anno successivo chiesero e ottennero “dal Consiglio generale piena autorità sugli affari della Misericordia”. Il 22 febbraio 1416 furono accolti i primi dieci studenti ai quali, il 7 ottobre, se ne aggiunsero altrettanti. Si trattava di benestanti non senesi, in grado di pagare una retta annuale di ben 50 fiorini d’oro. Il collegio tuttavia nel 1437 era già definito “membro principale” dello Studio, quindi costituiva anche la sede e, forse, il luogo principale dell’insegnamento.

Giuliano da Sangallo, Progetto per la Sapienza di Siena, Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, S.IV.8, cc. 20v e 21r Giuliano da Sangallo, Progetto per la Sapienza di Siena, Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, S.IV.8, cc. 28v e 29r

Alla metà del Quattrocento la Sapienza risultava costituita da più edifici: “La chiessa della Miserichordia con lo spedallo et con tute sue abitationi et apartinence confina da duo parti la via del comune et da ogni altra parte e beni d’essa casa. Una casa a lato ad esso spedallo et a la logia d’esso confina di sopra la Misericordia et di sotto e di dietro e beni d’essa et dinanzi via del comune. La quale casa fu data nel 1444 a vita di ser Mariano di Tachola et de la dona sua”. Questo celebre ingegnere e inventore di macchine era anche un funzionario della Sapienza. Il complesso edilizio era organizzato intorno a un vasto cortile in grado di raccordare decorosamente i vecchi fabbricati. Il quadriportico si presentava a due ordini, aveva pianta rettangolare ed era caratterizzato da quattordici pilastri in mattoni di sezione poligonale: al piano terra si aprivano sedici arcate a sesto ribassato, mentre al superiore un identico numero di aperture era scandito dalla prosecuzione dei pilastri terreni che giungevano a sostenere direttamente la trabeazione del tetto; tutto ciò è bene visibile nella veduta di Siena disegnata da Francesco Vanni risalente all’ultimo decennio del Cinquecento.

Planimetria del piano terreno della Casa della Sapienza nel 1678,Siena, Archivio di Stato, Governatore,1049

Nel corso dell’Ottocento il cortile fu diminuito di due campate su entrambi i lati corti, ma sei archi del piano inferiore e quattro pilastri sono ancora visibili. L’aspetto di queste strutture è tardogotico, in linea con altre costruzioni coeve, realizzate in città da Luca di Bartolommeo Luponi da Bagnacavallo. È un primo importante lavoro, che piacerebbe pensare ideato dal Taccola, al quale seguiranno altri alla fine del secolo, preceduti da una serie di progetti di importanza capitale per la definizione del palazzo universitario nel Rinascimento. Nel 1481 alcuni savi e “offitiali” dello Studio richiesero una nuova Casa “in nella quale potessero comodamente stare quaranta in cinquanta scolari”. Per coprire le spese si propose la soppressione di alcuni enti religiosi con il passaggio dei loro beni alla Sapienza. Dietro a tutto questo è la figura del cardinale Francesco Todeschini Piccolomini, nipote del defunto Pio II. Infatti, quando nel 1492 il progetto sembra concretizzarsi, viene menzionato come il “fondatore d’essa casa”. Il sito scelto si trovava “nel terzo di Kamullia in loco decto a li Aringhieri cioè la casa de’ Capacci per infino a la strada che va a San Domenico e da la strada che passa dinanti a la porta della Sapientia e va nell’Arte della lana fino al chiasso che volta ed entra nel chiasso socto la volta et casa Capacci”, ossia quello in cui era già ubicata la Casa della Misericordia e quindi la primitiva Sapienza. Si sarebbe trattato di una sovrapposizione o di un totale rifacimento dell’esistente, con l’aggiunta di nuovi fabbricati. In relazione a questo progetto sono stati considerati, in alcuni casi fin dal Settecento, vari disegni in pianta delineati da due fra le massime autorità nel campo del- l’architettura del tardo Quattrocento: Giuliano da Sangallo e Francesco di Giorgio Martini. La relazione dei disegni con il progetto senese e con il suo committente è chiarita da didascalie, ma i fogli non palesano evidenti relazioni con il sito per il quale erano stati prodotti. Sono in sostanza progetti ideali, che esemplificano studi per un palazzo universitario d’avanguardia. Francesco Todeschini Piccolomini si rivolse a Giuliano da Sangallo nel cui famoso Taccuino (Biblioteca Comunale di Siena, ms. S.IV.8., cc. 20v-21r, 28v-29r) sono contenute quattro planimetrie della Sapienza di Siena. In una di esse è effettivamente scritto “Sapienza per il Chardinale di Siena / Pianta Terena”. Come è stato avvertito le planimetrie presentano due proposte progettuali di un complesso costituito da un primo edificio, riservato agli ambienti didattici, e da un altro, destinato al collegio. Dei quattro progetti del maestro, due mostrano, nella limpida regolarità delle forme, il loro sostanziale carattere “ideale” (cc. 28v-29r), ma i rimanenti, nel contorno trapezoidale, indicano che l’artista aveva ricevuto più dettagliate informazioni circa il sito da occupare (cc. 20v-21r). La progettazione è allo stato d’abbozzo, ma ciò non ne sminuisce la valenza esemplare, attestata dall’esistenza di una copia dei due progetti più “ideali”, realizzata da Giovan Battista da Sangallo e conservata agli Uffizi (U 1666 Ar).

Giovanni Antonio Pecci, Spaccato della Sapienza di Siena, Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati, S.IV.8, c. 52v

Più concreto invece l’impegno di Francesco di Giorgio, testimoniato da uno schizzo conservato agli Uffizi (U 138 Ar), riferibile al piano degli ambienti didattici. Altri quattro progetti, meglio definiti, sono contenuti nel codice magliabechiano II.I.141 della Biblioteca Nazionale di Firenze. Questi, come è stato osservato, mostrano tre distinte proposte progettuali: una è articolata su un cortile rettangolare e riguarda il seminterrato (cc. 251v-252r) e il primo piano (cc. 249v-250r); le altre due prevedono un cortile quadrato e studiano il primo piano (cc. 245v-246r, 247v-248r). La paternità martiniana dei fogli magliabechiani, messa in discussione da Kiene a favore di Giuliano da Sangallo, è stata ribadita prima da Howard Burns, che vi nota assonanze tipologiche e distributive con il palazzo di Jesi, poi da Francesco Paolo Fiore che osserva soluzioni affini a quelle dell’attività urbinate del maestro.

I progetti di Giuliano e di Francesco hanno affinità nelle dimensioni e nella posizione decentrata del cortile, tuttavia non sembrano coevi: quelli del senese dovrebbero essere successivi, poiché più elaborati. In entrambi è evidente la volontà di realizzare un complesso edilizio d’avanguardia. Nei progetti riferibili a Giuliano si osservano soluzioni innovative, come l’introduzione di corridoi atti a disimpegnare le camere degli studenti dai loggiati. In quelli riferibili a Francesco è evidente una forte razionalità nella distribuzione degli ambienti. L’erudizione antica, ma anche la critica moderna, ha rilevato come il progetto della nuova Sapienza fosse allora solo impostato. Tuttavia l’acquisto dei siti necessari per la costruzione nel 1494, e la conseguente nomina delle commissioni per dirigere l’“opera della Sapienza”, sembrano testimoniare invece l’esistenza di un progetto operativo. La veduta di Siena di Francesco Vanni presenta ancora la suddivisione in vari e irregolari corpi di fabbrica. La medesima situazione è testimoniata dalle planimetrie della Casa della Sapienza redatte nel 1678, nelle quali sono evidenti i frastagliati contorni del complesso edilizio. Se lavori vi furono, essi non interessarono pertanto l’aspetto esterno dell’edificio. Nella veduta si nota, a lato del cortile, il grande blocco a forma di navata della cosiddetta “Scuola Grande” della Sapienza, l’attuale salone della Biblioteca Comunale. Nelle planimetrie del 1678 questo salone ha la stessa pianta che ha oggi, caratterizzata da quattro grandi orecchie laterali. La sua forma potrebbe risalire a un periodo di non molto successivo al 1494. Internamente si presenta appunto come la nave di una chiesa, con la ‘controfacciata’ speculare all’‘abside’. Il fianco destro del salone mostra ancora all’esterno l’antica muratura con ordinate buche pontaie e le impronte delle originarie finestre: aperture di tipo 52 53 quattrocentesco che ricordano i finestroni della chiesa della Santissima Annunziata di Siena, forse di Francesco di Giorgio. Dopo l’insediamento nella Sapienza dell’Istituto d’Arte nel 1816, il volume della “Scuola Grande” fu raddoppiato ricavando una sala superiore per l’esposizione dei gessi. La forma della pianta, con gli eleganti angoli semicircolari, definisce uno schema (derivato da edifici romani ed elaborato nel pieno Rinascimento in organismi a pianta centrale) adottato nella bramantesca sagrestia di Santa Maria presso San Satiro a Milano, edificio concepito nei primi anni Ottanta del Quattrocento. La critica ha spesso sottolineato i rapporti fra Francesco di Giorgio e Bramante (i due si frequentarono a Urbino e ancora nel 1490 a Milano) e le analogie nei loro progetti. Queste sono riscontrabili anche in un piccolo schizzo del senese per la pianta centrale di una chiesa, abbozzato rapidamente nello stesso foglio degli Uffizi dove si trova il progetto per la Sapienza. Piante di ambienti ottagonali, con nicchie che si aprono sui lati diagonali sono delineate da Francesco di Giorgio nelle sue libere ricostruzioni di edifici romani, così come nelle sue proposte per “Case e Palazzi di Signori”. L’intensa meditazione su questo modello è riproposta esemplarmente nel codice magliabechiano II.I.141: nella schematizzazione di un organismo centrale e in un complesso planimetrico esemplato sulla morfologia del corpo umano. Vi è insomma motivo per credere che la progettazione di Francesco di Giorgio sia sfociata in effettivi lavori edilizi che non stravolsero il precedente edificio ma lo migliorarono attraverso la creazione di nuovi ambienti che avrebbero anche sottolineato il definitivo passaggio da collegio a palazzo universitario. Nel piano terreno, di cui possediamo i rilievi del 1678 a lato del cortile verso la via dei Pittori, si notano tre grandi aule, tutt’oggi esistenti per quanto modificate. La muratura esterna, là dove rimane originale, presenta lo stesso tipo di paramento con buche pontaie della “Scuola Grande”.

Dopo la caduta della Repubblica, nel secondo Cinquecento, molte istituzioni religiose cambiarono sede. La Compagnia laicale del Beato Andrea Gallerani, già ubicata nel complesso di San Domenico, fu trasferita nella Casa della Sapienza. Sono ancora riconoscibili i locali della Compagnia, con ingresso da via dei Pittori e dal vicolo che corre internamente alla struttura. Vi si notano importanti tracce di decorazione a stucco e pittura. Ubicati a un livello più basso della via della Sapienza, questi ambienti dovevano essere indipendenti da quelli universitari.

Nel 1694 si insediò nel palazzo l’Accademia delle scienze, denominata dei Fisiocritici. Il promotore della nuova associazione, Pirro Maria Gabbrielli, provvide ad allestire una sala di un locale ‘di sopra’, per le adunanze degli accademici e i loro esperimenti: “nel qual luogo si vede la macchina Boiliana, fabbricata coll’assistenza del medesimo [Gabbrielli], e ridotta a perfezione maggiore, colla quale gli studiosi dell’esperienze filosofiche son soliti, per loro esercizio e insegnamento, fare le prove dell’evacuazione dell’aria, in detta stanza si vede ancora la linea meridionale disegnata in marmo, e lavorata coll’assistenza del Dr. Gabbrielli sopraddetto”. La linea meridionale non era altro che un eliometro realizzato nel 1704, il quarto in Europa e il primo in un ambiente non religioso.

Nel 1728 anche l’Accademia degli Intronati trovò spazio nel palazzo. Ai nuovi accademici fu concessa la “Scuola Grande” che fu collegata direttamente con la via della Sapienza: “Concessa detta Sala agl’Accademici Intronati fu subito a spese de medesimi fatta la facciata dalla parte della strada con porta assai capace e molto ornata [...], la scuola prossima a detta sala dalla parte della strada fu ridotta a androne, e a destra entrando venne formata altra piccola stanza per l’archivio, furono in detto luogho trasportate dalle stanze dell’Opera, dove per l’avanti era solita adunarsi, l’imprese e i cartelloni, dove sono registrati gl’Accademici, siccome la residenza coll’Imagine di Maria Assunta, particolar protettrice di detta Accademia, e in detto luogo si pensa ancora di collocarvi i Ritratti degl’Uomini Leterati, che in detta Accademia furono ascritti”. La sala fu inaugurata il 23 gennaio 1729. Lo Studio si riservava di usufruire 54 55 dei locali: Giovanni Antonio Pecci ricorda che gli Intronati consegnarono “alla Sapienza la chiave della porta laterale, che corrisponde nel loggiato, acciò possino i Lettori a loro piacimento fare le pubbliche lezioni e invitare gli ascoltatori in copioso novero”.

Nel 1758 venne aperta la Biblioteca pubblica grazie al lascito dell’arcidiacono Sallustio Bandini. Seguirono altre donazioni e il patrimonio della Biblioteca divenne ingente per merito della fondamentale attività del suo primo bibliotecario, l’abate Giuseppe Ciaccheri. Dopo quindici anni si contavano circa tredicimila volumi e lo spazio d’uso della Biblioteca era arrivato a occupare tutte le “scuole” sul lato lungo del cortile verso via dei Pittori. Da questo momento la storia del palazzo è legata all’espansione della Biblioteca all’interno della Domus che portò all’allontanamento graduale di tutte le istituzioni che vi avevano sede.

Biblioteca di Siena: Palazzo della Sapienza

Nel 1763 venne realizzato uno degli elementi previsti dalla progettazione quattrocentesca: si creò sul fronte prospiciente via della Sapienza un unico prospetto, ideato da Alessandro Tanini e ultimato nell’agosto dell’anno successivo. Con la facciata del palazzo venne ristrutturata anche la chiesa, originariamente arretrata rispetto agli altri corpi di fabbrica. L’avanzamento della navata ne permise l’allineamento. Il Pecci registra l’inizio dei lavori al 1767, indicando come progettista tal Francesco Marchetti e come esecutore Alessandro Tanini. I lavori architettonici e decorativi terminarono nel 1772 e la chiesa fu riaperta nel settembre di quell’anno. Il Pecci confonde il nome del progettista: Francesco invece di Giovan Battista. Ad ogni modo, il Marchetti fu un brillante quadraturista e di questa sua capacità scenografica dette conto nella nostra chiesa. Caso a parte la facciata, forse concepita e realizzata da Alessandro Tanini: per quanto considerata un precoce esempio di architettura neoclassica, è nostalgicamente legata, in quei leggeri moduli che la definiscono, ai semplici prospetti degli edifici religiosi del primo Settecento senese ideati da Giacomo Franchini. L’interno della chiesa, scandito da monumentali lesene che inquadrano altari, confessionali, porte e nicchie con statue in stucco, è ispirato al Vanvitelli. Come ho dimostrato* tutte queste soluzioni architettoniche possono farsi risalire a importanti fabbriche dell’architetto napoletano. La chiesa della Sapienza è la testimonianza del fervido spirito di innovazione scaturito dal cantiere del nuovo Sant’Agostino, un’architettura progettata dal Vanvitelli che provocò una tale vivacità nell’edilizia senese da essere oggetto di studio già all’inizio del secolo passato, quando, pensando a Siena, veniva considerato solo il Medioevo. Sullo scorcio del Settecento agli effetti catastrofici del sisma del 1798 seguirono i tumulti dovuti all’occupazione francese. Nell’archivio storico dell’Università si conserva ancora un Libro che annota le spese dei rifacimenti per i danni provocati dal terremoto dal quale risulta che ogni parte dell’edificio era stata lesionata. Fra gli altri lavori nel 1799 venne abbattuta la volta della Sala dei Fisiocritici “che a cagione del Terremoto minacciava rovina”. Gli accademici colsero l’occasione per un nuovo lavoro: l’anno successivo è registrato un pagamento “Per la Segatura di Canne Nove e mezzo di Legname di Travi Vecchie fatto segare per centini della Volta della Sala dei Fisiocritici, e per far un Ballatojo sopra alla medesima per andar a visitare la Stella Polare”. In seguito, nel 1802, quattro anni dopo il sisma, la Biblioteca veniva riaperta e contestualmente iniziava il suo ampliamento. Gli affreschi della chiesa vennero restaurati: il 30 giugno 1804 Francesco Mazzuoli ricevette un pagamento per la “Ritoccatura delle Pitture della Volta di Chiesa, ridotta nel primiero suo stato, compresa la ritoccatura degl’Ornati fatta dal di Lui Giovane Sig.e Maffei sotto la di Lui direzione”. Il giovane aiutante del Mazzuoli era Pietro Maffei, padre dei più noti Cesare ed Alessandro. Dei lavori edilizi eseguiti dai Tanini non esiste documentazione figurativa se non un bel disegno con il “PROSPETTO DELLA FACCIATA / DELLA PIA CASA DELLA / SAPIENZA / CON LA PIANTA ALSATO, E SPACCATO DELLA CANTINA / E FONDI”, siglato F[rancesco] T [anini] e databile al 1807. Il progetto prevedeva la costruzione di tre archi ogivali da porsi nei fondi, a sostegno appunto della facciata. Nel 1808, quando il lavoro era ancora in essere, si potevano appaltare nuove monumentali scaffalature all’ebanista Antonio Monelli, mai realizzate verosimilmente per la soppressione dell’Università intervenuta nello stesso anno. Questo grave provvedimento causò anche la chiusura della biblioteca, che infine venne riaperta nel 1810 come istituzione municipale. Il ripristinato istituto poteva ora beneficiare anche dei nuovi spazi, specie di quelli didattici, lasciati liberi dall’Università. In particolare venne concessa alla biblioteca la “Scuola Grande” e il capomaestro Francesco Tanini, incaricato nel 1811 dei lavori di ristrutturazione, provvide a collegare il salone con gli altri ambienti già in uso, dotandolo inoltre di una nuova copertura e di aperture di tipo ‘termale’, corrispondenti al gusto del tempo. L’antico atrio degli Intronati divenne l’ingresso principale della Biblioteca e il bibliotecario, l’abate Luigi De Angelis, provvide a renderlo ‘decoroso’ assemblando, in nuovi complessi decorativi, parti eterogenee di varie epoche e provenienza, in parte giunte con le soppressioni degli enti ecclesiastici. Lo stesso gusto guiderà l’abate nel futuro allestimento della Galleria dell’Accademia: in nome della “ininterrotta continuità” della scuola senese e per la necessità di rappresentare ogni personalità di essa, De Angelis formulò nuove immotivate attribuzioni e fu responsabile della scomposizione e ricomposizione in forme arbitrarie di numerosi polittici e tavole. Esemplificativa di questo metodo è la descrizione del nuovo ingresso della Biblioteca: “Meschina era la porta, e senza ornato. Pensai di profittare [...] del lavamano che stava in San Benedetto fuori di Porta Tufi nell’atrio del refettorio, e di porlo 56 57 per frontone sopra la detta porta d’ingresso. [...] Dopo di ciò avendo trovata una finestra a vetri colorata nella chiesa di Santa Petronilla la feci trasportare in detto atrio e la collocai sull’atrio della porta d’ingresso. [...] Cognosco bene che detta finestra è un’anticaglia, ma cognosco bene che nell’atrio di una biblioteca non disdice di adunarvi dei monumenti di quelle arti i quali in qualche tempo sono fioriti in Siena. Così vi ho riunito gli stemmi dei setaioli, dei barbieri, degli architetti e degli scultori e dandomi l’occasione non mancherò di riunirvene delle altre; benchè per quanto abbia potuto vedere per Siena non ne presentano di più. Vi ho fatto però rappresentare due iscrizioni in marmo del secolo d’oro della nostra lingua. Una di esse era alla pescina fuori di Fonte- branda ed è quella dei calzolai, l’altra fu trovata nello scavare i fondamenti del nuovo muro della Biblioteca”. La situazione dell’atrio è ancora in buona parte quella voluta dal De Angelis. Sulla parete sinistra si osservano gli stemmi “Della Arte / Della pietra”, dei Calzolai (datato 1334) e dei Barbieri (datato 1492). Sulla destra quello dei Setaioli, un’altra epigrafe “rinvenuta nello scavare i fondamenti” datata 1343: si tratta di rarissime testimonianze delle Arti, in alcuni casi di targhe di possesso.

Biblioteca di Siena: Palazzo della Sapienza

L’abate De Angelis fece collocare inoltre i busti di Giuseppe Azzoni e Sallustio Bandini, figure determinanti per la costituzione della Biblioteca pubblica. Il primo proveniva dalla libreria degli agostiniani, il cui patrimonio librario era appena passato alla Biblioteca. Il busto era stato commissionato dai padri agostiniani a Innocenzo Spinazzi, uno dei più importanti scultori del momento. La stessa accortezza non avevano avuto le istituzioni accademiche e civiche senesi nei confronti di Sallustio Bandini, il cui busto fu realizzato in gesso da Girolamo Fraticelli, un malnoto, ma certo non brillante, artista senese del quale conosciamo solo la partecipazione alla locale Scuola del Disegno negli anni 1772-1776. L’idea del De Angelis di organizzare nell’atrio della Biblioteca una sorta di luogo della memoria ebbe un seguito anche dopo la sua direzione. Non sappiamo quando fu murata nella parete destra una lastra tombale assai abrasa, sulla quale si leggono la data 1487 e il nome di Lodovico Pontano, probabilmente un celebre insegnante dello Studio senese, deceduto nel 1433. È invece noto che intorno al 1870 sullo stesso lato dell’atrio fu applicata l’iscrizione, con la data di esecuzione e il nome del maestro costruttore dell’eremo di Santa Lucia presso Rosia, allora demolito per ricavare materiale edilizio per i muri di contenimento della rinnovata strada Massetana. Intanto nel 1812 si era attuato il primo passo per la costituzione della pubblica Galleria d’Arte. Si poteva procedere all’istituzione del museo perché l’Università, riaperta nel 1814, veniva trasferita nei locali dell’ex collegio gesuitico di San Vigilio, già sede degli uffici del Dipartimento d’Ombrone dell’appena caduto governo francese. Anche i Fisiocritici trovarono alloggio nel soppresso convento di Santa Mustiola: si pensò pertanto di ospitare nei locali della Sapienza l’Accademia Senese di Belle Arti, finalmente organizzata e regolata pubblicamente. Grazie all’interessamento di Giulio Bianchi, governatore di Siena e da tempo motore della vita, non solo culturale, della città, il granduca Ferdinando III stabilì con decreto del 23 dicembre 1815 la nascita dell’istituto. Il 27 settembre 1816 fu inaugurato, insieme con l’annessa Galleria, disposta appunto nell’ampliato salone dei Fisiocritici e in altri locali adiacenti. La Galleria fu concepita secondo i più aggiornati criteri museali: le pareti non presentavano aperture, in modo da offrire tutta la superficie all’esposizione dei quadri; l’illuminazione proveniva da una grande finestra semicircolare posta nella parete d’ingresso sopra il cornicione e da un vastissimo lucernario rettangolare al centro della volta a botte. La disposizione dei quadri, in ordine cronologico e per autore, descritta dal De Angelis, rispecchiava, nel modo di riempire totalmente le pareti, il sistema delle quadrerie sei-settecentesche. L’Istituto d’arte si era insediato nei piani superiori dell’edificio, quelli già destinati al collegio universitario. Grazie alla riduzione di una campata del cortile, forse in seguito al sisma del 1798, la Galleria riuscì a ritagliarsi uno spazio al piano terreno tutt’intorno al cortile, fino al trasferimento fra il 1928 e il 1933 nella sua attuale sede, il Palazzo Buonsignori nella via di San Pietro. La storia dell’edificio è ora storia recente. Nei locali della Galleria fin dal 1932 si pensò di allestire un Museo archeologico etrusco, iniziativa che vide la sua attuazione solo nel 1956. Era però una sistemazione provvisoria e il museo nel 1988 fu trasferito nel complesso dello Spedale di Santa Maria della Scala. La Biblioteca ha potuto così occupare questi locali, oggi adibiti alla consultazione dei periodici e a uffici, e il trasferimento dell’Istituto d’Arte nel complesso di San Domenico permetterà in breve alla Biblioteca di usufruire integralmente della Casa della Sapienza, nella continuità di un complesso che fin dal Quattrocento è stato destinato alla cultura.

Questo scritto è tratto da "Il Palazzo della Sapienza, di Marco Ciampolini" pubblicato nel 2008 in occasione dei duecentocinquant'anni della Biblioteca. Quanto sopra è la rielaborazione di un testo più dettagliato, La Domus Misericordiae dalle origini ai giorni nostri: vicende costruttive e decorazione, apparso in La Misericordia di Siena attraverso i secoli dalla Domus Misericordiae all’Arciconfraternita di Misericordia, a cura di Mario Ascheri e Patrizia Turrini, Siena, 2004, pp. 135-155, al quale si rimanda per le informazioni bibliografiche. SCARICA IL PDF "UNA NUOVA BIBLIOTECA PUBBLICA A SIENA"

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